classe 2m-La docufiction “Figli del destino” racconta di Lia Levi, Liliana Segre, Guido Cava e Tullio Foà, quattro ragazzi vittime di discriminazioni e persecuzioni in giovane età, per il solo fatto di essere Ebrei e che adesso raccontano la loro infanzia per non dimenticare le vittime dell’Olocausto, le persecuzioni attuate dal partito nazi-fascista e le discriminazioni che, nel corso degli anni, portarono alla completa espulsione degli Ebrei dalla società.
Il 5 settembre 1938 viene firmato il primo decreto delle leggi razziali, che vieta ai bambini ebrei di potere essere istruiti e agli adulti di poter lavorare. I bambini non capiscono il perché: improvvisamente tutti voltano le spalle a loro ed ai loro genitori. Ad esempio: la domestica di Lia che la abbandona perché non era consentito agli Ebrei avere degli ariani al proprio servizio; gli Ebrei furono costretti a scrivere all’entrata dei propri negozi “Negozio ebreo” e al suo interno non potevano entrare Ariani, così come nei “negozi Ariani’’ non potevano entrare Ebrei.
Le discriminazioni furono solo il primo passo. Infatti, già a partire dal 1940, gli Ebrei iniziarono ad essere perseguitati. Uno degli eventi più celebri della persecuzione degli Ebrei fu il rastrellamento del ghetto di Roma, evento nel quale furono arrestate 1259 persone di cui 1023 vennero deportate ad Auschwitz. Alcuni riuscirono a scappare in tempo oppure a nascondersi come Lia Levi, che trovò rifugio in un convento, ma altri come Liliana invece, nel tentativo di fuggire, vennero arrestati e deportati nei campi di concentramento, luoghi nei quali erano costretti ai lavori forzati, venivano marchiati, lasciati alla fame, sottoposti ad esperimenti spaventosi ed infine uccisi in camere a gas o tramite fucilazione. Nel campo di sterminio di Auschwitz, dove vi erano circa 1.300.000 prigionieri, sopravvissero circa 300.000 persone.
Il 27 gennaio del 1945, gli alleati liberarono il campo dai Tedeschi ponendo fine alle sofferenze degli Ebrei.
È stato molto brutto vedere quelle persone soffrire. Un episodio che colpisce il pubblico è quello dove Liliana, sofferente dopo essere sopravvissuta ai campi di concentramento e ormai orfana, era andata a vivere dallo zio; un giorno la zia pone un cesto di mele sul tavolo e la ragazzina famelica si avventa sulla mela e la zia le dice: – Tesoro, la mela si mangia con forchetta e coltello – e Liliana risponde adirata:
– Tu non hai idea di che cosa sia una mela per me-.
Gli Ebrei sopravvissuti si sono creati una vita nuova, mentre noi ogni tanto ci soffermiamo ancora davanti a qualche gradino che ci impedisce di andare avanti.
L’iter narrativo è ancora più efficace e crudo grazie alla voce narrante, agli sguardi e ai ricordi dei giovani protagonisti. È un omaggio non solo al doloroso percorso di quei bambini ma anche un appello alla tipica virtù italiana, aiutarsi nel bisogno. Questo racconto straziante ha suscitato un senso di impotenza e di profondo dolore.
La crudeltà contro gli Ebrei non ha senso e proprio Primo Levi che ha vissuto l’orrore del campo di concentramento esprime come si debba imparare dai propri errori e trasmettere ciò anche ai propri figli per non dimenticare…
“Se questo è un uomo”
“Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Tratto da “Se questo è un uomo”
Primo Levi 1947
Classe 2 M