Di Taranto Martina-
2 settembre 1915 Cima Quattro
Carissimi mamma e papà,
Sono ormai passati tre mesi, mi mancate tremendamente, non vedo l’ora di rivedervi, ma la guerra sembra che debba durare ancora molto. Che cosa avete fatto durante questi mesi? Spero che state bene.
Mi dispiace se in questa lettera sarò breve, ma non posso dilungarmi molto perché si teme un attacco da un momento all’altro. Niente è come me lo aspettavo, sembra che la vita sia finita. Oltre che per un attacco, si può morire di fame o per una malattia. A proposito di cibo, vi ricordate quando vi dicevo che mettevate troppo sale nella pasta, madre? Oppure la facevate cucinare troppo? Qui è già troppo avere un piatto di pasta, che più che pasta sembra colla! Rimpiango anche il morbido letto di casa, qui si dorme per terra, in mezzo al vento, alla pioggia, al fango e, soprattutto, tra i i topi grandi quanto gatti!
Ho fatto subito amicizia con gli altri soldati, fino ad adesso non ho avuto nessuna punizione dai superiori e con loro ho un buon rapporto. Sapevate che qui in Italia, oltre all’italiano ci sono altre lingue? Di lingue ce ne sono tantissime e sono simili a quella che utilizziamo noi per parlare con i parenti. Mi hanno detto che queste lingue si chiamano dialetti e ne esistono centinaia!
Sinceramente, non so se ho scritto queste parole per raccontarvi com’è la vita in trincea, o per rallegrarmi un po’, per riportare alla mente i ricordi di “Casa”.
La vita in trincea è difficile, si può morire da un momento all’ altro, non faccio in tempo a conoscere un compagno che domani posso non rivederlo più. Siamo sempre all’erta e temiamo un attacco.
Un mio compagno, che si chiama Giuseppe Ungaretti dice che siamo come le foglie d’autunno sugli alberi che possono cadere da un momento all’altro; lui scrive un diario di guerra, ma non sa come descrivere al meglio questo pensiero.
Ogni giorno prego Dio affinché i superiori non mi mandino a tagliare il filo spinato, perché vuol dire essere solo contro tutti.
La guerra è inutile, mi sbagliavo a dire che potesse aumentare l’amore verso la nostra patria. Siamo così diversi, ma così uguali, qui condividiamo tutto: dal semplice bicchiere d’acqua, al dolore per la morte di un compagno. Insieme dobbiamo darci forza e andare avanti sperando che la guerra finisca al più presto.
Non vedo l’ora di ritornare a casa e di potervi riabbracciare, ho paura, tanta paura, ma combatterò e vincerò per poter ritornare a mangiare la pasta salata e a lavorare nei campi!
Vi voglio un mondo di bene, il vostro Marco