Amici inseparabili
Era una giornata meravigliosa, il sole splendeva alto come non mai e irradiava il volto di Emanuel, stanco dopo aver trascorso la sua mattinata come ogni giorno nel suo piccolo orticello a coltivare ortaggi di stagione. Si avvicinava l’ora di pranzo, Emanuel rientrò ed i suoi nipotini Clara, Mighael e Natan gli corsero incontro e come ogni sabato erano ansiosi di ascoltare le avventura del passato del loro caro nonnino, così il racconto ebbe inizio. Era gennaio 1943, una giornata fredda e cupa che quasi Emanuel aveva il naso ghiacciato, ma in quel campo non era con sentito fermarsi o ci rimettevi la vita. Affianco a lui c’era un bambino che sembrava avesse i suoi stessi anni. Emanuel con voce bassa chiese “ehi, ciao quanti anni hai?” Lui si girò ma non rispose, sapeva cosa gli sarebbe successo se avesse parlato, allora Emanuel capì si voltò e non insistette. Per tutto il giorno guardò quel bambino così dolce, delicato e bello, pensando a chissà com’era la sua vita prima di allora, divertente e felice come la sua con due genitori premurosi, gentili che lo amavano e coccolavano tutti i giorni. Mentre pensava a tutto questo si accorse che il bambino aveva un respiro sempre più affannato fino a quando non cadde a terra sfinito. Emanuel gli corse incontro per aiutarlo e si accorse che respirava a fatica così lo aiutò. Dopo un paio di settimane Natan era migliorato tantissimo e soprattutto lui ed Emanuel erano diventati inseparabili; si aiutavano di nascosto durante il lavoro nei campi, dividevano il cibo, si riscaldavano a vicenda nelle notti più fredde, si tenevano per mano ogni volta che quei nazisti entravano nei dormitori, sceglievano un bambino da portar via, che poi non avrebbero mai più visto, sperando non fossero loro. La vita in quei campi era ogni giorno sempre più drammatica, e così dopo tante riflessioni i bambini pensarono di escogitare un piano di fuga. Dopo un mese di progettazione erano pronti per scappare da quell’inferno: come ogni giorno alle sette in punto si svegliavano , andavano a lavoro nei campi, rientravano al calar del sole, mangiavano la cena e finsero di andare a dormire. Aspettarono che la guardia facesse il suo solito giro notturno prima di dare il cambio e allora ebbe inizio la fuga: Emanuel e Natan infilarono le scarpe e si avvicinarono alla porta, appena la guardia girò l’angolo uscirono fuori e con passi felpati ma svelti attraversarono il viale per raggiungere il confine a nord del campo. Lì vi era un cancello con una guardia spesso ubriaca, che non li avrebbe mai visti e mentre questi schiacciava un pisolino gli presero le chiavi, aprirono il cancello e appena misero fuori i piedi un allarme suonò: le guardie avevano scoperto la loro fuga. In quel momento la felicità e il senso di libertà dei due amici fu così forte che cominciarono a correre fino a quando non seminarono le guardie, e trovarono rifugio in un capanno abbandonato. La storia a lieto fine, aveva fatto emozionare Clara e gli occhi del nonno erano lucidi per il ricordo del suo caro migliore amico Natan, che per cinquantasei anni lo aveva tenuto per mano.