di Francesco Magi- Durante la Seconda guerra mondiale un militante di Azione Cattolica di Carpi immola la sua vita per salvare gli ebrei perseguitati dai nazisti
Il suo nome è legato indissolubilmente al dramma epocale dell’olocausto del popolo ebraico. Negli anni della Seconda guerra mondiale Focherini fu, infatti, attivissimo nel promuovere una rete di sostegno agli ebrei perseguitati, consentendo a molti di essi di salvarsi dalla deportazione nei campi di concentramento. Una scelta che pagò con la vita. Arrestato nel marzo del 1944 fu presto deportato nel lager do Hersbruck, dove morì pochi mesi dopo.
È per questo suo straordinario sacrificio che egli è stato proclamato solennemente, il 5 agosto 1969, “giusto ra le nazioni”. Un appellativo con cui, grazie a una legge sulla memoria dei martiri e degli eroi promulgata dal parlamento israeliano nel 1953, vengono riconosciuti coloro i quali hanno sacrificato in modo disinteressato la propria vita a favore degli ebrei perseguitati durante la shoah. Un riconoscimento riservato naturalmente ai non ebrei e con cui si è voluto testimoniare il valore di un’azione di giustizia compiuta in uno dei momenti più drammatici e tragici della storia del Novecento.
Focherini fu un uomo “normale”, onesto, laborioso, dedito alla famiglia. Visse il suo tempo come molti altri suoi coetanei, inserito nel contesto politico e culturale del fascismo, segnato da un saldo patriottismo e da una altrettanto salda dedizione all’associazionismo cattolico. Non fu “un eroe di altri tempi, un predestinato al gesto eroico, un condottiero carismatico o un intellettuale raffinato”. Fu invece un “giusto”, un uomo capace di scegliere il “bene” al di là di ogni valutazione di opportunismo, al di là di ogni personale convenienza.
Focherini ha rappresentato, in questo senso, la parte migliore di quel mondo cattolico (ma, più generalmente, della società civile di allora) impegnata, nei drammatici eventi della Seconda guerra mondiale, a salvaguardare quel poco di umanità rimasta, a non rassegnarsi alla disumanizzazione e alla brutalizzazione dell’esistenza, ad alimentare speranze di salvezza tanto per i singoli ebrei quanto per quelle generazioni chiamate a ricostruire su spaventose macerie.