Shoah, Olocausto, Auschwitz. Bastano queste parole per ricordarsi una serie di
immagini tragiche. Abbiamo visto antiche foto, letto libri, visto film e sentito storie
in prima persona da alcuni sopravvissuti dai campi di concentramento. Dovremmo
ormai essere insensibili su questo argomento, non dovrebbe quasi più scomporci,
ma per fortuna non è così. Ogni parola porta con sé una carica di dolore, come una
ferita ancora aperta nel cuore e nello stomaco di ogni essere umano. Ed è bene che
questo non cambi mai, perché dagli errori del passato si impara sempre qualcosa e
in un periodo molto delicato come quello che stiamo vivendo, è bene ricordarsi
tutte le cose stupide fatte in passato per la voglia di potere.
Auschwitz è senza dubbio il luogo più emblematico su cui riflettere quando si parla
di Shoah. Sul cancello le parole “Il lavoro rende liberi” suonano come una macabra
presa in giro, ma alla stesso tempo una promessa di morte, di “liberazione”, se così
si può definire, dalla sofferenza cui erano costretti gli ebrei.
“Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza
memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.
José Saramago