di Carola Vivacqua – Ricordo quel posto che da bambina, reputavo come incantato. Ripenso alle urla vivaci dei piccoli, ai colori accesi e luminosi delle giostre, agli alberi che nei pomeriggi ventosi oscillavano qua e là, facendo cambiare seduta alle anziane signore che chiacchieravano tra di loro.
Rammento le sere estive passate a giocare a nascondino, quando ci rintanavamo nei grossi cespugli del parco o dietro quell’imponente edificio affollato.
Rimembro ancora, anche se sono passati anni, l’assordante rumore delle campane della chiesa situata affianco al parco giochi e la miriade di persone che, per far felici i loro pargoli, attendevano minuti e minuti per acquistare quel buonissimo gelato artigianale, di cui tutti erano golosi.
Nella parte centrale della piazza si ammiravano dei maestosi alberi sempreverdi ed intorno ad essi c’erano delle piccole panchine in pietra su cui potersi accomodare, mentre nella frazione di destra si estendeva una vastità di giostre dai colori sgargianti, tuttavia alcune cigolavano, mentre altre, dai colori più consumati erano molto ruvide e quindi poco confortevoli. Da qui si ammirava sempre uno splendido tramonto, accompagnato dal cinguettio degli uccelli che appena udivano il rumore del campanile volavano ovunque, provocando una reazione di stupore e allegria nell’animo di tutti i bimbi che guardavano quei piccoli volatili bianchi e neri svolazzare dappertutto.
Dal lunapark si intravedeva solo la parte laterale dell’edificio religioso, dipinto in bianco e marrone e avente a disposizione una serie di gradinate di un bianco quasi immacolato, invece la gelateria si presentava enorme e molto frequentata, le quattro facciate erano luminose, ricche di dettagli e di colori contrastanti.
Andavo matta per il gelato che producevano, il gusto che preferivo era la stracciatella, dolce, cremosa e con piccole scagliette di cioccolata.
Nel complesso, questo posto raccoglie tanti ricordi, poiché situato nel piccolo paesino in cui ho vissuto per anni.