di Anna Piovesan (classe 3^C) –
“Mamma, prendi appuntamento dalla parrucchiera.”
“Perché?”
“Voglio tingermi i capelli.”
“Cosa Giulia? Sei matta?!”
“No, mamma, voglio tingermi i capelli di verde. Tutte le mie amiche hanno qualche ciuffo rosa, viola, blu, ed io voglio il verde.”
“Giulia, ascoltami. Non funziona così. Le tue “amiche”, come le chiami tu, fanno quello che pare a loro e ai loro genitori. Tu non fai come loro. Non siamo uguali e non siamo fatti per essere uguali agli altri. Detto questo, il verde te lo scordi, come tutti gli altri colori che vorresti metterti in testa.”
Giulia non ribattè, mise il broncio e con le braccia incrociate si rinchiuse in camera sua, dopo aver sbattuto violentemente la porta della stanza.
Il giorno successivo, un nuvoloso giovedì mattina, Giulia s’incamminò verso il cortile della scuola con il cuore pieno di rabbia dal pomeriggio precedente. Vide in lontananza le belle teste colorate delle sue amiche che la squadrarono dalla testa ai piedi con aria di disapprovazione.
“Beh, niente verde?”
“Dalla parrucchiera non c’era posto. Non sono riuscita a prendere l’appuntamento…”
“Vacci direttamente, senza telefonare. Te la fanno, la tinta, fidati di me. Non vorrai mica rimanere l’unica ragazza della scuola con i capelli ancora al naturale a quindici anni!?” disse Serena, un’altra del gruppo.
“No, ovvio! Oggi vado.” ma non era così convinta di quello che diceva…
Dopo pranzo, Giulia uscì di casa con la scusa di andare a studiare da un’amica che abitava vicino a lei. Come aveva detto Serena, la parrucchiera dipinse di verde alcuni ciuffi dei capelli biondi di Giulia. Tornò a casa all’apparenza felice, ma dentro si sentiva sciocca e in colpa per aver nascosto tutto alla madre, la quale infatti si arrabbiò come non mai.
A scuola tutti le facevano i complimenti, le dicevano che il verde le donava tantissimo, e altre belle parole che la facevano sentire orgogliosa, ma, allo stesso tempo, imbarazzata. Arrivò quasi subito il suo gruppo di “amiche” che cominciarono a prendere, accarezzare, toccare i suoi capelli.
“Bene bene… ora tocca al trucco! Vieni a casa mia oggi pom…”
“Basta! Non ce la faccio più! Non ce la faccio più a stare ai vostri ordini, alle vostre condizioni, ai vostri obblighi! Sto per impazzire! Io non voglio essere come voi, io voglio essere diversa.”
Aveva ragione sua mamma, su tutto, e lei se ne rese conto solo alla fine. Si è lasciata trasportare, condizionare da persone false, che indossano una maschera solo per apparire belle, popolari, ma, alla fine, non resta che la loro vanità e il loro voler essere “uniche”.
Non serve a niente mostrarsi per quello che non si è veramente per essere ammirati da tutta la scuola, perché fa male soprattutto a se stessi.