di Classe Terza I – Leggere la novella di Giovanni Boccaccio “Chichibio e la gru” ci ha permesso non solo di approfondire gli aspetti storico sociali del XIV secolo, ma anche studiare con grande divertimento. Abbiamo riscritto in versi la novella e la proponiamo ad una platea più vasta di lettori con lo scopo di allietarli e suscitare allegre risate.
“Si fa tutto per amore!” E lo dimostra Chichibio che mette a repentaglio la sua vita pur di accontentare il capriccio della donna amata. Ma che a sfidare l’ira di un nobile potente sia un cuoco di umili origini e, per giunta “ignorante” ma scaltro, non è cosa di tutti i giorni, soprattutto in un’epoca in cui i diritti non esistono… Chichibio dà alla parola un grande potere in grado di capovolgere una circostanza a lui sfavorevole. La situazione di svantaggio, con una battuta pronta e spiritosa, si trasforma in momento di grande ilarità che rovescia l’azione a suo favore. La sonora risata del nobile Currado Gianfigliazzi cancella il dissapore per riconoscere l’intelligenza che si trova anche nelle persone più semplici.
Chichibio e la gru
Currado Gianfigliazzi, valente cavaliere,/
già nobile a Firenze in veste di banchiere,/
in ambito palustre mostrarsi seppe illustre/
cacciando uccellagione in Peretola lacustre./
D’ausilio il suo falcone in tale operazione/
notando gru ben grassa ne fece mano bassa,/
così da dar mansione in chiaro cinguettio/
al cuoco veneziano di nome Chichibio,/
di cuocer trampoliere facendo ciò a dovere/
per quella sera stessa in cena di piacere;/
avrebbe ivi curato che il pari suo invitato/
godesse di parola non meno di palato./
Il bergolo ciarliero si prodigò davvero/
forgiando arrosto tale che gusto palatale,/
colpisse naricetta di tal Donna Brunetta/
ragazza sì avvenente al cuore suo battente,/
amata dallo stesso, di lei cuociuto lesso,/
e succube a tal punto da farsi fare fesso,/
la quale maliziosa pretese in veste esosa/
d’avere presto al più la coscia della gru./
“Voi non l’avrì da mi” diceva il veneziano/
ma quella minacciava di starsene lontano,/
opporre al suo rifiuto il pane per focaccia/
con cupa ritorsione di più guardarlo in faccia./
Il cuoco venne fioco e resistette poco/
accontentò Brunetta porgendo la coscetta,/
che se ne andò contenta chiedendone commiato/
diretta verso casa col cibo prelibato./
Currado assiso a cena, vedendo coscia sola,/
non ebbe cosa a grado e prese la parola,/
chiedendo fosse dove finita l’altra zampa/
irato soggiungendo:” a me non la si scampa!”/
Il veneto versatile spiegò che quel volatile/
per scherzo di pianura sia monco di natura,/
senza riuscir peraltro a raggirar lo scaltro/
banchiere Gianfigliazzi coi suoi bislacchi lazzi./
Mattina successiva raggiunsero la riva/
del campagnolo stagno ma non per fare il bagno,/
invero a controllare se le citate gru/
avessero una zampa, un paio o forse più./
Quel trampoliere dorme su di una gamba sola/
ma tira fuori l’altra se s’incammina o vola;/
Currado gridò forte a dodici assopenti/
per dimostrare al cuoco ”Lo vedi che tu menti?”/
L’astuto Chichibio, pur tutto in tremolio,/
fece notar però, che il giorno prima, ohibò,/
il nobile e il falcone omisero di urlare/
per catturar la gru e farla non scappare./
Il cavalier sorpreso d’arguzia di risposta/
ne rise a crepapelle e manco a farlo apposta,/
gradito lo strambotto dimenticò il cosciotto/
riabilitando il cuoco che ritornò al suo fuoco./