//Un’attività divertente

Un’attività divertente

di | 2018-11-16T10:22:23+01:00 15-11-2018 15:38|Alboscuole|0 Commenti
di Classe Terza I – Leggere la novella di Giovanni Boccaccio “Chichibio e la gru” ci ha permesso non solo di approfondire gli aspetti storico sociali del XIV secolo, ma anche studiare con grande divertimento. Abbiamo riscritto in versi la novella e la proponiamo ad una platea più vasta di lettori con lo scopo di allietarli e suscitare allegre risate.   “Si fa tutto per amore!” E lo dimostra Chichibio che mette a repentaglio la sua vita pur di accontentare il capriccio della donna amata. Ma che a sfidare l’ira di un nobile potente sia un cuoco di umili origini e, per giunta “ignorante” ma scaltro, non è cosa di tutti i giorni, soprattutto in un’epoca in cui i diritti non esistono… Chichibio dà alla parola un grande potere in grado di capovolgere una circostanza a lui sfavorevole. La situazione di svantaggio, con una battuta pronta e spiritosa, si trasforma in momento di grande ilarità che rovescia l’azione a suo favore. La sonora risata del nobile Currado Gianfigliazzi cancella il dissapore per riconoscere l’intelligenza che si trova anche nelle persone più semplici.  Chichibio e la gru   Currado Gianfigliazzi, valente cavaliere,/ già nobile a Firenze in veste di banchiere,/ in ambito palustre mostrarsi seppe illustre/ cacciando uccellagione in Peretola lacustre./ D’ausilio il suo falcone in tale operazione/ notando gru ben grassa ne fece mano bassa,/ così da dar mansione in chiaro cinguettio/ al cuoco veneziano di nome Chichibio,/ di cuocer trampoliere facendo ciò a dovere/ per quella sera stessa in cena di piacere;/ avrebbe ivi curato che il pari suo invitato/ godesse di parola non meno di palato./ Il bergolo ciarliero si prodigò davvero/ forgiando arrosto tale che gusto palatale,/ colpisse naricetta di tal Donna Brunetta/ ragazza sì avvenente al cuore suo battente,/ amata dallo stesso, di lei cuociuto lesso,/ e succube a tal punto da farsi fare fesso,/ la quale maliziosa pretese in veste esosa/ d’avere presto al più la coscia della gru./ “Voi non l’avrì da mi” diceva il veneziano/ ma quella minacciava di starsene lontano,/ opporre al suo rifiuto il pane per focaccia/ con cupa ritorsione di più guardarlo in faccia./ Il cuoco venne fioco e resistette poco/ accontentò Brunetta porgendo la coscetta,/ che se ne andò contenta chiedendone commiato/ diretta verso casa col cibo prelibato./ Currado assiso a cena, vedendo coscia sola,/ non ebbe cosa a grado e prese la parola,/ chiedendo fosse dove finita l’altra zampa/ irato soggiungendo:” a me non la si scampa!”/ Il veneto versatile spiegò che quel volatile/ per scherzo di pianura sia monco di natura,/ senza riuscir peraltro a raggirar lo scaltro/ banchiere Gianfigliazzi coi suoi bislacchi lazzi./ Mattina successiva raggiunsero la riva/ del campagnolo stagno ma non per fare il bagno,/ invero a controllare se le citate gru/ avessero una zampa, un paio o forse più./   Quel trampoliere dorme su di una gamba sola/ ma tira fuori l’altra se s’incammina o vola;/ Currado gridò forte a dodici assopenti/ per dimostrare al cuoco ”Lo vedi che tu menti?”/ L’astuto Chichibio, pur tutto in tremolio,/ fece notar però, che il giorno prima, ohibò,/ il nobile e il falcone omisero di urlare/ per catturar la gru e farla non scappare./ Il cavalier sorpreso d’arguzia di risposta/ ne rise a crepapelle e manco a farlo apposta,/ gradito lo strambotto dimenticò il cosciotto/ riabilitando il cuoco che ritornò al suo fuoco./