di Giulio Armando Palmieri (classe 2^C) Il fenomeno del bullismo e del “cyberbullismo” è in continua ascesa grazie ai tanti mezzi, tecnologici e non, che ne favoriscono la diffusione, la quale sembra non avere limiti di età. Anche se con misure diverse, esso è presente nella vita di molti bambini, ragazzi e adolescenti, fino ad arrivare a una prevaricazione sociale che colpisce persone adulte o, peggio ancora, anziani nell’ambito lavorativo e familiare.
E’ probabile che tutti noi, anche se in dimensioni contenute, assistiamo ogni giorno ad atti di bullismo, i cui rami infiniti possono innescare comportamenti legati alla prepotenza, come un semplice “sorpasso” di fila o, peggio ancora, provocare gesta razziste e, di conseguenza, emarginazione sociale,solo per il piacere di imporsi su persone che, “diverse” da noi per il colore della pelle, credo religioso,limiti fisici o psicologici, vengono emarginate ed oppresse.
I danni causati che ne derivano sono davvero molti e vari. La persona bullizzata può riportare danni fisici, non solo inflitti dai bulli, ma anche autoindotti, come l’anoressia, l’autolesionismo o, nel peggiore dei casi, il suicidio, atto estremo di una mente distrutta.
Questa situazione può manifestarsi in diversi modi, ad opera di una persona o di un gruppo di bulli, i quali tendono un vero e proprio agguato alla vittima. Solitamente questi gruppi hanno un’organizzazione gerarchica: c’è il capo, una mente contorta che organizza il tutto eche non è sempre il più grosso ma certamente il più furbo del gruppo. Questo personaggio da solo non sarebbe un pericolo per nessuno, ma, sapendo di non avere alcun potere, si serve dei suoi compagni per sembrare forte alla vittima e a tutte le persone che vivono in quella determinata comunità. Successivamente troviamo i complici, sottomessi ai comandi del bullo e anche loro privi della più piccola briciola di intelligenza e personalità, tanto da assumere quella del loro capo. Infine ci sono gli spettatori, persone comuni che, frenate dalla paura, non aiutano la vittima e tanto meno denunciano l’accaduto.
Di sicuro l’avvento delle nuove tecnologie non ha migliorato questa situazione, anzi ha incoraggiato persone vili, di tutte le età, a nascondersi dietro lo schermo del telefono o del computer, insultando, deridendo, addirittura minacciando di morte persone psicologicamente deboli, che basano la loro vita sui social network, trascurando quella vera , quella che inizia subito dopo l’uscio della tua casa, quella che ti permette di costruire veri rapporti con altre persone.
Sappiamo, come ci palesano alcune indagini statistiche, che nel mondo almeno un bambino su quattro è stato vittima di bullismo o cyberbullismo.
A tal proposito Luca Bernardo, direttore del Centro di coordinamento nazionale sul cyberbullismo del Miur, afferma che sono più di 200 i ragazzi ricoverati e il 50% di questi ha tentato il suicidio è che la vittima più giovane, ricoverata alcuni anni fa, aveva solo 9 anni. Inoltre, informa che in Italia, primo Paese europeo a legiferare su questa materia specifica, conta 1200 nuovi casi ogni anno, di cui l’80% dovuti a Internet .
Il principale limite che caratterizza la lotta globale al cyberbullismo è la presenza di pochi dati, non integrati tra loro e privi di strumenti omogenei di rilevazione. Pertanto sarà questo il punto di partenza da cui prenderà le mosse il lavoro dell’Osservatorio internazionale sul cyberbullismo (Ico), presentato nella sede di Radio Vaticana, una struttura promossa da Fondazione Scholas Occurrentes – voluta da Papa Francesco per promuovere il diritto all’educazione grazie alla rete di oltre 440 istituti in tutto il mondo – e da Fondazione Carolina, ideata dal padre di Carolina Picchio, Paolo, in memoria della figlia, prima vittima accertata di cyberbullismo in Italia.
Ha evidenziato Josè Maria del Corral, presidente di Scholas Occurrentes, che i principali responsabili del bullismo siamo noi. Ad ogni atto di bullismo c’è un gruppo silenzioso che tace, che festeggia o che non ha il coraggio di denunciare. Il bullo, in questo modo, si sente applaudito.