//Il voto in America tra annunci e proclami

Il voto in America tra annunci e proclami

di | 2024-11-26T13:53:39+01:00 26-11-2024 13:53|Alboscuole|0 Commenti
Le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2024 si sono tenute martedì 5 novembre. Si decise che si sarebbe votato il primo martedì del mese di novembre ogni quattro anni nel  lontano 1845. Si scelse il martedì per permettere a molti elettori che vivevano nelle zone più remote di raggiungere i centri in tempo il lunedì dopo il giorno del riposo. Gli Stati Uniti sono divisi in cinquanta Stati e ciascuno di essi ha un certo numero di Grandi Elettori che in totale sono 538, una cifra che si ricava sommando i 435 rappresentanti dei vari Stati, i 100 del Senato e i tre in rappresentanza della capitale, Washington DC. ll candidato che riceve almeno 270 voti dei Grandi Elettori vince le elezioni.. Il voto popolare è il totale dei voti espressi dai cittadini americani durante le elezioni presidenziali. Ogni elettore vota per un candidato presidente e un candidato vicepresidente. Ma questo voto non determinerà chi andrà alla Casa Bianca.  I voti elettorali infatti vengono aggiudicati all’interno di ciascuno Stato fatta eccezione per Nebraska e Maine  con un sistema maggioritario secco.  Ciò vuol dire che il vincitore prende tutto anche se ha avuto solo una manciata di voti in più attribuendosi i voti dei grandi elettori attribuiti allo Stato.   Gli americani potevano scegliere fra Kamala Harris, per i democratici, e Donald Trump per i Repubblicani. Chi è  Trump Donald John Trump, classe 1946, ha alle spalle una carriera di imprenditore e conduttore di successo di programmi televisivi. Laureato alla Wharton School of Pennsylvania in Economia e finanza, dal 1971 al 2017 ha guidato l’azienda di sviluppo immobiliare Trump Organization già azienda di famiglia Elizabeth Trump & Son.  Tra gli uomini più ricchi al mondo, si è impegnato soprattutto nell’edilizia di lusso a Manhattan. Entrato in politica alla fine degli anni Novanta nelle fila del Reform Party per poi passare in quelle del Partito repubblicano, nel luglio 2015 è stato nominato candidato alle presidenziali del 2016 presentando un programma protezionista in cui risultano centrali la creazione di posti di lavoro, rigide strategie anti-immigratorie e la revisione della riforma sanitaria. Alle consultazioni svoltesi l’8 novembre 2016 è stato eletto quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, subentrando nella carica a Barack Obama. Trump passerà probabilmente  alla storia come   il Presidente dei record. Ha subito per due volte la procedura di impeachment, la prima nel 2017 con l’accusa di ostacolare la giustizia per quanto riguarda l’indagine dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016; la seconda, supportata da rappresentanti di entrambi i partiti, con l’accusa di aver fomentato un’insurrezione contro il governo, nell’ambito delle proteste del 6 gennaio al Campidoglio. Ha collezionato 34 capi d’accusa e, primo Presidente degli stati Uniti a essere condannato per un crimine, è stato  ritenuto colpevole del reato di falsificazione di documenti aziendali relativi a un pagamento in denaro in favore di una pornostar da parte del suo allora avvocato personale. La pena che sarebbe dovuta arrivare dal giudice di New York l’11 luglio è stata rinviata al 18 settembre sebbene in molti già ritenessero che Trump comunque non sarebbe potuto andare in carcere considerata la sua età e la circostanza che, godendo di una scorta per la sua sicurezza da ex presidente, avrebbe costretto la stessa ad andare in carcere con lui. La definizione della pena è stata rimandata ancora, ma in compenso il 20 Novembre scorso, i legali di Trump hanno richiesto l’archiviazione del caso, invocando il Presidential Transition Act del 1963. Secondo la difesa, il processo interferirebbe con il passaggio di potere in corso, essendo Trump il Presidente eletto degli Stati Uniti. Il giudice ha accolto la richiesta, rimandando ogni decisione senza fissare una nuova data. A Trump si contestano anche altri reati dalla frode fiscale, alla diffamazione, agli abusi sessuali. Chi è Kamala Devi Harris Kamala Harris  Kamala Devi Harris è una politica ed ex procuratrice statunitense. Nata a Oakland da madre indiana, Kamala Harris ha studiato alla Università Howard e all’Hastings College of the Law di San francisco. Dopo gli studi è diventata viceprocuratrice distrettuale   e dal 2003 al 2011 è stata procuratrice distrettuale   di San francisco.  E’ stata anche procuratrice generale della California .  Nel 2016 ha iniziato  la sua carriera politica diventando la prima afro-asioamericana ad essere eletta al Senato. Nel 2020 è stata scelta dal candidato democratico Joe Biden come candidata vicepresidente in vista delle elezioni presidenziali . Nel 2024 diviene la candidata del Partito Democratico dopo il ritiro dalla corsa per un secondo mandato di Joe Biden , diventando la seconda donna in assoluto (dopo Hillary Clinton) a correre per la presidenza in rappresentanza di uno dei due maggiori partiti politici. Perché gli americani hanno votato Trump? Kamala Harris è stata sconfitta in modo netto  e il voto popolare è coinciso nella sostanza con quello dei grandi elettori. Negli stati in bilico è risultato vincente il partito repubblicano. E pur se il risultato  a conti fatti appaia un po’ meno straordinario rispetto al racconto che se ne è fatto ,  il partito democratico deve metabolizzare una sconfitta evidente. Indagare le motivazioni del risultato elettorale appare abbastanza complesso. Sicuramente Trump è riuscito a far leva e sfruttare a suo vantaggio non solo la scarsa popolarità  del Presidente uscente ma anche la debolezza di una candidatura, quella della Harris, arrivata troppo tardi, nonostante lo sforzo enorme e il recupero incisivo del quale va dato atto. La destra è inoltre riuscita, come tutte le destre, a intercettare il bisogno di protezione e di sicurezza dei cittadini, compresi quelli di reddito medio basso. Quanto questo bisogno sia reale o indotto è un dubbio legittimo che  non cambia però il dato. C’é poi da considerare anche la percezione che gli Americani hanno della propria condizione economica,  del fenomeno migratorio e dal tasso di criminalità   La religione infine svolge un ruolo molto importante nella società americana e,di conseguenza, anche nella competizione elettorale, sebbene più che i valori religiosi  un  sentimento islamofobico sembra aver condizionato la competizione elettorale.  Paradossalmente parte dell’ elettorato arabo-americano si è spostato a destra presumibilmente a causa del risentimento verso  l’amministrazione Biden-Harris per la pessima gestione della crisi in medio -oriente . Insomma se alcune minoranze ( ad esempio palestinesi e libanesi) hanno rimproverato alla Harris una posizione ancora troppo filoisraeliana,altri hanno criticato la chiarezza con la quale si sarebbe espressa rispetto alla necessità di fermare le atrocità nei confronti della popolazione di Gaza e di trovare  una soluzione al conflitto. In entrambi i casi il prezzo da pagare, elettoralmente parlando, è stato alto.   Da non sottovalutare neppure  l’affermazione di valori conservatori per quanto attiene ai diritti civili. Alla luce di tale analisi non sorprende poi tanto lo spostamento di voti dall’area democratica a quella repubblicana di alcune categorie di elettori che gravitavano in genere nella prima. E’ il caso delle minoranze  ispaniche, asiatiche, afroamericane. Ed è anche il caso delle donne. Le prospettive Non occorre un grande sforzo di immaginazione per prevedere in che direzione andrà la politica americana.Gli annunci sono stati tanti, e chiari. Per quanto riguarda il fattore climatico Trump è un negazionista . Pertanto la sua politica energetica potrebbe comportare il ritiro  da tutti gli accordi inerenti alla riduzione delle emissioni tanto di gas serra quanto di inquinanti vari che potrebbero scendere entro il 2030 solo del 28% contro il 50/52%( obiettivo posto da Biden). E’ evidente l’intenzione del neoeletto di tornare ai combustibili fossili e rilanciare l’industria del carbone come volano dell’economia . Dal punto di vista economico Trump è orientato verso  politiche protezionistiche che mirano a proteggere l’economia americana attraverso tariffe e dazi .( Ha proposto dazi del 60% su tutte le importazioni cinesi e del 10% per le importazioni di tutti i Paesi).  Infine, la riduzione dell’impegno militare farebbe pensare infine a una politica isolazionista Se Trump dovesse rispettare tutte le promesse fatte agli elettori non ci sarebbe da stare molto tranquilli. Tuttavia è molto difficile quando dalle tribune elettorali si passa alle decisioni di governo mantenere gli impegni presi con l’elettorato. E questo è un dato  ma ci sono anche altri fattori che probabilmente freneranno gli eccessi del Presidente neoeletto. Un esempio per tutti: molte imprese americane produttrici di energia hanno avviato in questi anni investimenti molto importanti nel gas naturale e nelle energie rinnovabili. Difficilmente queste politiche aziendali muteranno per effetto delle misure adottate dal Governo federale. Le imprese, si sa, rispondono al mercato e se fiutano l’affare non ci rinunciano facilmente, neppure in nome dell’America e del suo Presidente. Emily Papapietro