dalla Redazione del TGTassoNews – Volete sapere come i Romani avevano dell’acqua fresca e pulita a disposizione tutti i giorni? Noi del TGTassoNews vi vogliamo svelare alcuni segreti degli acquedotti romani.
Gli acquedotti erano i giganti dell’ingegneria romana, grandi e imponenti. Ma come venivano progettati?
Incominciando sempre da una sorgente, la formulazione della pendenza era fondamentale. Senza l’aiuto delle pompe, gli ingegneri romani potevano solo sfruttare la forza di gravità. Questo significava che la fonte doveva sempre essere posizionata più in alto della sua destinazione. E così nasceva l’acquedotto, con un’inclinazione media ideale del 2 per mille.
Iconici del paesaggio romano, gli archi permettevano agli acquedotti di superare valli e montagne, mantenendo la pendenza calcolata. Una struttura resistente, facile da realizzare e incredibilmente efficace nel distribuire il peso.
Per una pulizia dell’acqua, venivano utilizzate vasche di sedimentazione lungo il percorso. Queste erano strategiche per raccogliere materiale sospeso come fango, polvere e foglie.
Quando il percorso dell’acqua incontrava delle sfide apparentemente insuperabili, come valli profonde, veniva sfruttata la tecnica del sifone invertito. Un sistema ingegnoso che sfrutta il peso dell’acqua per farla risalire contro la forza di gravità, permettendo alla magia dell’ingegneria romana di continuare ininterrotta.
Grazie a questi capolavori di ingegneria, Roma, secondo alcuni calcoli, disponeva di 12 acquedotti funzionanti che servivano per alimentare le undici grandi terme, i 900 bagni pubblici e le 1400 fontane monumentali e piscine private. Pensate che l’enormità di acqua trasportata dagli acquedotti romani non fu superata fino al Novecento.
Il passato ci ha consegnato dei regali stupefacenti, e gli acquedotti romani sono uno di questi. Un capolavoro di ingegneria e un esempio del genio dell’antica Roma.