Di Concetta Laino – A pochi giorni dalla Festa della Liberazione, gli alunni e le alunne delle classi 5ª A e 5ª B della scuola primaria di Fagnano Castello (CS), accompagnati dai loro docenti, si sono recati al Campo di Concentramento di Ferramonti a Tarsia, in provincia di Cosenza, grazie anche alla collaborazione tra la Dirigenza del nostro Istituto Comprensivo e l’Amministrazione Comunale per il fattivo servizio del trasporto: un sentito ringraziamento va ai signori autisti Pino Avolio e Massimo Bellomusto che si sono dimostrati disponibili ed efficienti.
L’uscita didattica è stata l’ultimo passaggio di una serie di attività mirate alla sensibilizzazione contro ogni tipo di razzismo e discriminazione.
Andare insieme a Ferramonti è stato un atto che contribuirà alla memoria collettiva dei bambini affinché non si dimentichi l’orrore del passato che a volte viene edulcorato, ridimensionato o addirittura cancellato.
È vero, a Ferramonti di Tarsia, la libertà di quegli uomini e di quelle donne fu fortemente limitata, era un campo di detenzione con tante regole e tanti obblighi ma a Ferramonti vinse l’umanità sulla follia antisemita fascista e da calabresi ne siamo fieri.
Il Campo di Ferramonti, aperto nel giugno del 1940, fu il più grande campo di concentramento dei quindici voluti da Mussolini in Italia, dopo le leggi razziali del 1938, per gli ebrei e per gli antifascisti non graditi al regime tra i quali ebrei italiani, greci, polacchi, slavi, austriaci, tedeschi, ungheresi e anche un gruppo di cinesi: 160.000 metri quadrati di terreno per 92 baracche e vi transitarono più di 3.000 internati. Un gruppo di persone di lingue e religioni diverse. Il campo fu costruito dall’impresa Parrini di Roma che già era in zona per la bonifica del fiume Crati. La zona purtroppo restò a lungo paludosa e malarica.
È grazie alla presenza nel campo di alcuni uomini di grande spessore umano e culturale se Ferramonti rimase indenne dalle barbarie delle milizie tedesche e questo significò la salvezza per migliaia di esseri umani che sfuggirono così alla Shoah come il funzionario di polizia Paolo Salvatore, che diresse per alcuni anni il campo, e il padre cappuccino Callisto Lopinot, che parlava correntemente cinque lingue e rappresentò una delle figure più importanti nel Campo perché fu capace di creare un equilibrio perfetto nel rispetto delle identità religiose degli internati. A Ferramonti nacquero anche 21 bambini, c’era una scuola, un asilo, una biblioteca, un teatro e diversi luoghi di culto: tante comunità in un’unica società.
Il Campo venne liberato il 14 settembre del 1943 e fu chiuso definitivamente l’11 dicembre del 1945. Dal 2004 è sede del Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia con l’intento di conservare l’identità e la memoria storica del campo di concentramento.