//Il Carnevale veneziano di Sara Putzu 2B (Linguistico-spagnolo)

Il Carnevale veneziano di Sara Putzu 2B (Linguistico-spagnolo)

di | 2023-01-28T17:06:53+01:00 28-1-2023 17:05|Alboscuole|0 Commenti
Il carnevale di Venezia è una festa cittadina conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Si festeggia dal 5 febbraio al 21 febbraio ogni anno. Le sue origini sono antichissime e la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta. Da parte delle oligarchie veneziane il carnevale era considerato un periodo dedicato alla gioia, alla goliardia, al divertimento e ai festeggiamenti. I veneziani si riversavano in città a far festa, ballare, mangiare, ridere e dimenticarsi dei problemi quotidiani. Grazie a maschere e costumi che rendevano tutti irriconoscibili, si aveva un livellamento tra tutte le diverse classi sociali. Come accadeva in antichità a Roma, si aveva anche una legale derisione delle autorità e dell’aristocrazia locale, e i comportamenti erano considerati degli sfoghi verso i rigidi limiti imposti. Anticamente il carnevale veniva festeggiato per intere settimane. Con il tempo si sviluppò sempre di più portando un vero e proprio commercio di maschere e costumi. Si cominciarono a produrre gli strumenti per la lavorazione dei materiali usati come l’argilla, il gesso, la cartapesta, la garza. Dopo la fabbricazione, l’opera si concludeva con la colorazione e si arricchiva con disegni, ricami e piumaggi. Nacque anche la vera e propria professione che produceva maschere, il “maschero”. Una maschera molto popolare era la Gnaga. Gli uomini indossavano i panni delle donne e vagavano per le vie della città di Venezia con indumenti femminili, una maschera da gatta e un cesto con un gattino all’interno. Ogni Gnaga emetteva suoni striduli e miagolii. Un altro dei travestimenti più comuni, soprattutto a partire dal XVIII secolo, era la Baùta. Questa maschera veneziana, indossata sia dagli uomini che dalle donne, era costituita da una particolare maschera bianca denominata larva sotto un tricorno nero e completata da un mantello scuro, il tabarro. La baùta era utilizzata non solo durante il periodo del carnevale, ma anche a teatro, nelle feste, negli incontri galanti  quando si desiderava corteggiare o di essere corteggiati, garantendosi l’anonimato. La particolare forma della maschera sul volto addirittura assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere. Molte donne indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un cappellino e con degli indumenti e delle velature raffinate. Era un travestimento muto, poiché la maschera doveva reggersi sul volto tenendo in bocca un bottone interno e per questo motivo il personaggio interpretato era chiamato anche “servetta muta”. Verso la metà del ‘500 il carnevale fu allietato dall’impresa di un giovane acrobata turco aiutato di un bilanciere. L’acrobata doveva seguire un percorso fisso per arrivare alla cella campanaria del campanile di San Marco camminando su una lunghissima corda che partiva da una barca ancorata sul molo della Piazzetta. Nella discesa, invece, doveva raggiungere la balconata del Palazzo Ducale, porgendo gli omaggi al Doge. L’impresa era chiamata “il volo dell’angelo” ma oggi non viene più eseguita in tale maniera ma  viene usata una colomba di legno che “vola” dalla cella campanaria al campanile di San Marco e lascia cadere sulla folla fiori e coriandoli mentre. Quando però sfortunatamente un imitatore del volo morì tragicamente impersonando l’angelo ne proibirono ogni forma di esibizione e la sostituirono appunto con la colomba. Con l’occupazione francese, per diverso tempo, il carnevale non fu festeggiato per paura di ribellioni e disordini. Dopo quasi due secoli la tradizione risorse dalle sue ceneri, grazie al lavoro di alcune associazioni. Al giorno d’oggi il carnevale veneziano è un grande evento turistico che attrae migliaia di visitatori da tutto il mondo. “La festa delle Marie” è stata ripristinata selezionando dieci belle ragazze venete che sfilano come protagoniste del corteo di carri e maschere. In origine, nel giorno della purificazione di Maria, il 2 febbraio, a Venezia era usanza celebrare il giorno della benedizione delle spose, durante il quale venivano benedetti collettivamente, presso la Basilica di San Pietro di Castello, i matrimoni di dodici fanciulle, scelte tra le più povere e belle della città. La ricorrenza arrivò a durare fino a nove giorni e, nel 1272, il numero delle Marie venne ridotto prima a quattro e poi a tre. Per evitare che la festa fosse caratterizzata solo dal desiderio di vedere le bellezze femminili, piuttosto seguire la tradizione religiosa, le autorità decisero di sostituire le Marie con delle loro sagome in legno. Ciò provocò le proteste della popolazione che iniziò ben presto a colpire le figure con sassi ed ortaggi, tanto che nel 1349 venne varata una legge che vietava il lancio di oggetti verso di esse.