di Casillo Giusy, Fabbrocini Anna Klaudia, Liquori Giusy- Castel Nuovo, chiamato anche Maschio Angioino o Mastio Angioino, è uno storico castello medievale e rinascimentale, nonché uno dei simboli della città di Napoli. La costruzione del suo nucleo antico, oggi in parte riemerso in seguito ad interventi di restauro ed esplorazione archeologica, si deve all’iniziativa di Carlo I d’Angiò che salì al trono nel 1266.
Anche Castel Nuovo, come ogni castello che si rispetti, ha il suo corredo di leggende e la più spaventosa di tutte è certamente quella che riguarda un’orrida prigione chiamata “la fossa del coccodrillo”.
Fino alla metà dell’Ottocento, sulle porte del castello si poteva osservare un coccodrillo Impagliato. Quale fosse l’origine di quella bestia era un mistero, ma ai bambini che, incuriositi e affascinati la osservavano, si raccontava una leggenda che sembrava alimentare i loro incubi.
Il coccodrillo, si diceva, era arrivato dall’Egitto quattro secoli prima. Giunto a Napoli, si era introdotto nei sotterranei del Maschio Angioino avendovi trovato un ambiente ideale. Un giorno i carcerieri si accorsero che i prigionieri sparivano, ma era impossibile pensare ad un’evasione, dunque, la spiegazione doveva essere un’altra. Per questo motivo, il detenuto successivo fu sorvegliato, finché un giorno fu visto un coccodrillo introdursi dal mare, attraverso una buco, e trascinarlo con sé per divorarlo. La scena scosse i carcerieri ma non il re Ferrante, che pensò di servirsi del mostro per uccidere i nemici. Così, fu aperta nel sotterraneo una botola, dove venivano gettati i condannati per essere inghiottiti direttamente dal coccodrillo che li aspettava affamato. Quando il re decise di liberarsi del coccodrillo, fu legata, sull’ancora di una nave, la coscia di un cavallo con la quale si pescò il coccodrillo che fu ucciso, imbalsamato e appeso sulle porte di bronzo di Castel Nuovo.
Qui finisce la leggenda, tuttavia va aggiunto che, quando nell’Ottocento venne restaurato il castello, il coccodrillo, ormai mal ridotto dagli anni e dalle intemperie, fu tolto dalle porte e gettato non si sa dove. La fossa rimase in uso ancora per secoli dopo la morte di re Ferrante.