//Quello che non si dice della globalizzazione

Quello che non si dice della globalizzazione

di | 2022-05-11T21:44:09+02:00 11-5-2022 20:48|Alboscuole|0 Commenti
di Giovanni Capezzuto (5ª D). La globalizzazione è un fenomeno complesso, molto variegato e difficile da definire. Potremmo dire molto superficialmente che la globalizzazione è l’intensificazione dei rapporti commerciali, economici e culturali a livello globale. Secondo gli esperti, quella che stiamo vivendo è in realtà la terza globalizzazione commerciale della storia: la prima è stata fatta dai romani, la seconda dagli inglesi e l’ultima dagli americani. Secondo questa visione della globalizzazione, chi controlla le rotte commerciali marittime e in particolare gli stretti, i cosiddetti “choke points” (colli di bottiglia), controlla l’intero mercato (infatti il 90% delle merci si sposta via mare). I choke points più importanti al momento sono il canale di Suez, il canale di Panama, lo stretto di Malacca e lo stretto di Gibilterra. Tutti questi punti focali del commercio mondiale sono sotto il controllo diretto o indiretto degli Stati Uniti. Attualmente siamo giunti anche ad una fase di semi-globalizzazione economica, in quanto i capitali possono muoversi in maniera abbastanza libera, particolarmente facile e rapida nel blocco occidentale. Esiste inoltre una forte tendenza alla globalizzazione culturale, favorita e accelerata dall’avvento di Internet. La globalizzazione ha nel complesso molti effetti positivi; diversi sono i benefici visibili che essa ha prodotto e che potrebbe ancora produrre. Proviamo ad esaminarne qualcuno da vicino:
  • il Mercato Unico: lo sviluppo della globalizzazione porta alla formazione di un’area economica in cui le merci possono circolare liberamente;
  • ciò consente alle economie meno sviluppate di crescere (prendiamo come esempio la Polonia, l’Ungheria o la Romania: appena entrate nel mercato unico europeo hanno fatto registrare una rapida crescita economica, che ha portato ad un netto miglioramento delle condizioni di vita della popolazione);
  • i consumatori e le aziende possono acquistare beni e risorse di maggior qualità provenienti da altri Paesi, senza che il prezzo sia gonfiato dai dazi;
  • si crea un meccanismo di interdipendenza tra le Nazioni, le quali sono perciò spinte ad incrementare il livello di cooperazione. Sotto questo aspetto la globalizzazione agisce come un disincentivo alla guerra.
Ovviamente esiste anche l’altra faccia della medaglia. Dalla globalizzazione derivano anche possibili danni alle economie locali. In particolare c’è un effetto particolarmente detestato:
  • la delocalizzazione delle imprese: è un fenomeno per cui le aziende chiudono gli stabilimenti in un Paese e li riaprono in un altro dove il regime fiscale è più favorevole, dove i diritti dei lavoratori sono al di sotto degli standard occidentali e paragonabili a quelli di inizio Ottocento, e dove non esistono ancora leggi adeguate a tutela dell’ambiente. Questo è uno dei più grossi problemi della globalizzazione e in Italia lo conosciamo molto bene, basti pensare a grosse realtà industriali come la Fiat, che trasferiscono i propri impianti di produzione in Polonia, o altre multinazionali che delocalizzano direttamente in Cina.
Abbiamo visto i principali aspetti favorevoli e critici della globalizzazione sul piano economico e commerciale. Ora possiamo soffermarci sulla globalizzazione culturale. Essa è iniziata alcuni decenni fa con la diffusione della musica pop e l’imponente ruolo esercitato dalla televisione, che ha uniformato i gusti del pubblico proponendo format di programmazione identici in Paesi diversi. È innegabile però che questo processo di avvicinamento culturale sia aumentato in modo esponenziale negli ultimi dieci-venti anni con l’avvento di Internet e l’uso massivo dei cellulari. Analizziamo i benefici di questo avvicinamento delle culture:
  • lo sviluppo di una controcultura, alternativa a quella ufficiale: ciò consente di allargare gli orizzonti e permette a qualunque individuo di scoprire e apprezzare anche la cultura di luoghi lontani (si pensi ai tanti giovani italiani che conoscono e ammirano la cultura giapponese); sarebbe anche l’occasione per far conoscere meglio la nostra cultura all’estero, superando i consueti stereotipi che ne accompagnano la recezione;
  • il miglioramento e l’evoluzione progressiva di una cultura: per fare un esempio storico, quando Napoleone conquistò gran parte dell’Europa ne trasformò gli ordinamenti giuridici sullo stampo di quello francese, frutto della Rivoluzione, e per questo molto più moderno ed efficiente rispetto a quelli d’ancien régime tipici delle altre regioni. Oggi ovviamente è da escludere che la modernizzazione possa essere indotta da conquista o colonizzazione, ma si tende a stringere il legame tra i popoli così da favorirne l’influenza reciproca.
Ovviamente ci sono dei tratti sfavorevoli e preoccupanti, tra cui:
  • il livellamento della cultura e la scomparsa dei tratti distintivi di un popolo. Col tempo c’è il rischio che la cultura, la lingua, le tradizioni, le pietanze, i costumi e le usanze si perdano o che vengano diluite per formare una cultura sempre più omogenea. È un fenomeno già in parte visibile, favorito anche dallo spopolamento rurale a vantaggio delle grandi città e dalla conseguente tendenza delle nuove generazioni a perdere contatto con il proprio territorio d’origine.
Abbiamo sicuramente tralasciato molti aspetti della globalizzazione, ma l’intento di questo articolo era solo di coglierne i tratti fondamentali. Per il futuro si può ragionevolmente sperare che i popoli e le nazioni si mobilitino per conservare e allo stesso tempo far evolvere in meglio la loro cultura.