//“88 743” nessuno si ricorderà di me! Monologo sulla Shoah

“88 743” nessuno si ricorderà di me! Monologo sulla Shoah

di | 2020-02-05T17:03:15+01:00 5-2-2020 17:03|Alboscuole|0 Commenti
Ho immaginato di essere una bambina deportata ad Auschwitz, e così ho dato voce ad un semplice numero. È già da una settimana o poco più che non possiamo entrare nei negozi, la mamma dice che non devo preoccuparmi ma io non le credo. Sono due giorni che non usciamo, mamma dice che è stanca ma io non le credo. Da quando papà è partito dormo insieme a lei…ho solo 6 anni ma ho paura di ciò che potrebbe succedermi. Mentre stiamo cenando qualcuno bussa alla porta con molta violenza, strano, il volto di mamma si scurisce, i suoi occhi diventano lucidi e di colpo anche i miei. Ci nascondiamo in un armadio, lei mi abbraccia e mi chiede di far silenzio. Ho paura, sento i cani abbaiare e di colpo un tonfo mi fa sussultare, sento i rumori e le voci avvicinarsi, sempre più forti, sempre più dirompenti nella mia testa e nel mio cuore…porte sbattute, armadi per terra fin quando qualcuno ci trova. Le lacrime escono incessanti dai miei occhi, quegli uomini, con delle tute color verde, con dei fucili al fianco, strattonano mia madre, che subito si alza e afferra la mia mano e così ci dirigiamo verso l’uscita. Do un’altra occhiata, forse l’ultima, alla mia casa, una casa che contiene ricordi belli e brutti, felici e tristi, ma da ora in essa ci sarà solo silenzio, un silenzio incessante che rompe l’anima più del chiasso, più della tristezza…faccio appena in tempo a prendere il mio pupazzo preferito, me lo aveva regalato mio padre, sarebbe stato il mio unico ricordo materiale, gli altri mi basta portarli nel cuore. Saliamo su una carrozza, siamo costretti a stare in piedi, la mamma per rassicurarmi mi racconta delle storie, ricordiamo la vita insieme prima che papà partisse, già, prima, quando la vita era più serena per tutti…andiamo avanti così per circa due mesi, fin quando… il treno si ferma, tiro un sospiro di sollievo ma quando scendiamo la scena che mi si presenta davanti agli occhi è agghiacciante. La mamma mi prende in braccio, anche lei ha paura…lo sento, senza lasciarci attraversiamo la soglia di un immenso campo innevato. In tanti sono coloro che si distraggono, si oppongono al loro destino, ma nulla, chi lo fa viene fucilato, già, fucilato, giro il viso e serro gli occhi cercando di dimenticare quell’orribile scena! Ci indicano la strada, tutti in fila, come all’asilo. Entriamo in un capannone e uno ad uno ci chiedono i nomi. Poi iniziano a separare gli uomini dalle donne e dai bambini, e ancora dagli anziani. Non oso staccarmi da mia madre, ho paura. Ci indirizzano verso un altro bancone dove con una sorta di timbro infuocato mi tatuano sul braccio il numero 88 743, poi tocca anche a mia madre, sento un dolore infernale, gli occhi si fanno lucidi ma riesco a trattenere il pianto. Ci danno delle tute a righe nere e bianche ora penso “comincerà il vero inferno”. Ad un certo punto succede una cosa inaspettata, degli uomini, con la stessa divisa di chi mi aveva allontanato dalla mia felicità ci chiede di separarci. Io mi pietrifico, le gambe non mi si muovono, le lacrime che fino a poco fa ero riuscita a trattenere escono nuovamente incessanti dai miei occhi, quelli che una volta riuscivano a trasmettere gioia a tutti ora erano bagnati rossi, e tristi…tanto, troppo tristi. La mamma mi accarezza i capelli, si avvicina, mi abbraccia, e all’orecchio mi sussurra “SI FORTE, PROMETTIMELO”. Non so come ma riesco solo ad annuire e pronunciare fra le lacrime “SI”. La allontanano da me, nessuna bambina dovrebbe essere sottratta così ad una madre. È ormai più o meno un mese che sono qui dentro, che non vedo mia madre, non so che ore sono, non so che giorno è oggi, avevo ragione… qui dentro la vita è straziante! Mangio una sola volta al giorno, mi mancano le prelibatezze della mia mamma, mi manca tutto di lei. Alcuni miei coetanei sono svenuti e non si sono più svegliati, sono morti! Qui è stata strappata alla felicità la loro vita, non si può morire così. Purtroppo anche io ogni giorno sono sempre più debole, non so se sopravviverò. Oggi non trovo nemmeno più il mio cucchiaio, lo avevo accurata mente nascosto sotto il letto. Ora non potrò più mangiare, se non ce l’hai non hai nemmeno diritto a quella schifosa brodaglia. Nessuno me lo ridarà, nemmeno io l’avrei dato, tutti vogliono sopravvivere! 27 / gennaio / 1945 Non sono stata forte, non ce l’ho fatta, ho abbandonato il mio corpo alla mercé di quegli uomini dal cuore di ghiaccio, ho tradito la promessa fatta a mia madre. Oggi hanno liberato i miei amici… i miei compagni. E posso dire che “i cattivi non hanno vinto”, nessuno si ricorderà di me, io sarò solo un numero, ma io mi ricorderò di tutte le persone che ho incontrato durante questo viaggio, mi ricorderò dei buoni ma soprattutto dei cattivi!                                                                                                                      Simona Salierno III E