di Maria Sanclemente – In Sicilia il 2 novembre, l’indomani della festa di Ognissanti, da secoli, ricorre ogni anno la “ festa dei morti”.
Legata ad antichi riti pagani, il cosiddetto “Capodanno Celtico”, infatti il 31 ottobre nella tradizione celtica era l’ultimo giorno dell’anno, verso la fine del X secolo venne introdotta come “commemorazione dei defunti” il 2 novembre. E’ da questo mix, le disposizioni della Chiesa cattolica e i riti pagani, che nacque la “festa dei morti”.
E la tradizione è giunta a noi soprattutto con le sue prelibatezze culinarie, la frutta martorana, i pupi di zucchero, i mustazzola…
I destinatari della festa sono i bambini che aspettano con ansia u cannistru , un paniere colmo di dolcetti, frutta secca e frutta martorana. Quello del “cannistru” è un ricordo ancora vivido della nostra infanzia : nella notte tra l’1 e il 2 novembre i genitori nascondevano i regali e al mattino noi li cercavamo per la casa; una volta trovati ci dicevano che quei regali erano stati portati dalle anime dei parenti defunti e,quindi, si andava al cimitero per ringraziarli.
Per l’occasione la sera prima si ripeteva un’antica filastrocca:
“Armi santi, armi santi
Io sugnu uno e vuatri siti tanti
Mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai
Cosi di morti mittiminni assai”.
Questa ricorrenza sicuramente è una “festa” da custodire gelosamente e da trasmettere ai nostri figli per il suo valore educativo, tanto più che oggi, attaccata dalle spinte consumistiche, rischia di essere contaminata dalle nuove mode americane di Halloween.