Dunni vinni st’abitinu? Di lu Carminu Divinu
e li razii su a funtana d’a Vergini bedda la Carmilitana!
San Simuni ci dicia: “Vogghiu sarbata a figghiulanza mia,
‘u primu sabatu ca veni liberatili d’ogni peni”.
Si nun fussi ppi lu so mantu, persi fussimu tutti quanti.
E ladamula sempri sia, di lu Carminu Maria.
LEONFORTE (Enna) – A Leonforte, il 16 agosto, si festeggia la Madonna del Carmelo, “A Matri o Carminu”, “Principale Primaria Patrona di Leonforte”. Si può dire che il culto del Carmelo ha inizio con la nascita della città (1610) ad opera dei frati carmelitani scalzi di Assoro che lo officiavano nel territorio già dal 1420 presso alcune cappelle votive e continua con i frati del 3° ordine di san Francesco.
Nel 1612 Nicolò Placido Branciforti Maniaci, Principe fondatore di Leonforte, fa ingrandire la cappella dei frati
destinandola a diventare la Chiesa della Madonna del Carmelo. Ai padri carmelitani, che vissero nel convento attiguo alla chiesa fino alla seconda metà dell’800, anno in cui l’edificio andò in rovina, si deve, quindi, la venerazione della Madonna del Carmelo e la diffusione del culto dell’abitino.
La devozione popolare alla Madonna del Carmelo, invece, viene ricondotta al miracolo avvenuto nel 1624, quando imperversava nella zona la peste: la comunità leonfortese era stata risparmiata dal contagio e fu per questo che i rivali del Principe assoldarono un untore il quale pose una pietra impregnata degli umori pestiferi dentro il fonte dell’acqua benedetta della chiesa. L’acqua si prosciugò prima che la funzione volgesse al termine per cui i fedeli non poterono attingere al fonte per il segno della croce e vedendo quel sasso, gridarono al miracolo. La pietra fu posta all’interno di una gabbia di ferro, sopra il fonte stesso e, per ringraziare la Madonna per il pericolo scampato, i leonfortesi decisero di dedicarLe un giorno di festa solenne.
Fino alla seconda metà del ‘700 la festa della Beata Vergine del monte Carmelo veniva celebrata il mercoledì dopo Pasqua. Considerando anche la celebrazione dell’Ottava (esattamente otto giorni dopo) il periodo dei festeggiamenti si prolungava per un tempo troppo esteso per una società agricola qual era quella della popolazione leonfortese che, era obbligata al rispetto del riposo festivo imposto dalla Chiesa. Le pene per la mancata osservanza delle disposizioni vescovili erano diverse e potevano variare a seconda della gravità e della recidiva: si poteva incorrere nel pagamento di una somma in denaro, nel carcere e persino nella scomunica.
Nel 1772, ad opera del vescovo di Catania, mons. Salvatore Ventimiglia, la “festa della gran Signora Maria del Carmine, Patrona Principale di questa nostra Città”, fino ad allora officiata nella chiesa prossima alla Granfonte, fu spostata nella Chiesa Madre e celebrata il 16 luglio, come da calendario liturgico, e non più il mercoledì dopo Pasqua (feria quarta dopo la Resurrezione). I festeggiamenti del tempo erano molto simili a quelli che si riscontrano ancora oggi; infatti, per volere di Nicolò Branciforti, la festa doveva essere sontuosa e coinvolgere tutta la popolazione. Per realizzare tutto ciò il Principe diede disposizione di un legato testamentario, a cui appose il suo sigillo, in modo che la festa, sin dal suo nascere, mostrasse la forma eclatante e solenne tipica della cultura barocca del ‘600 e celebrasse nel
contempo la sua magnificenza.
Il definitivo spostamento della data della festa al 16 agosto avvenne il 30 giugno 1791 grazie al vescovo mons. Corrado Moncada, il quale, venendo incontro alle numerose richieste del popolo che a luglio era ancora impegnato nella raccolta del frumento, dispose che “Da ora e in perpetuo, la festa della Madonna del Carmelo, Prima Primaria e Principale Patrona della città, sia celebrata il 16 del mese di Agosto”.
La festa liturgica della Vergine del Monte Carmelo fu istituita per commemorare l’apparizione del 16 luglio 1251 a san Simone Stock, priore generale dell’ordine carmelitano, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare in tessuto: lo Scapolare della Madonna del Carmine, detto anche “Abitino”, riproduce in piccolo le dimensioni dell’abito dell’ordine dei Carmelitani. Portato sulle spalle o appeso al collo è formato da due pezzi di stoffa marrone collegati fra loro da una fettuccia o cordoncino in cui sono cuciti l’immagine di Maria o quella del Sacro Cuore. La Madonna rivelò a san Simone Stock che quanti si fossero spenti con addosso lo scapolare sarebbero stati liberati dalle pene del Purgatorio. Indossare lo Scapolare significa, quindi, consacrare la propria vita alla Madre celeste, avendo un comportamento uguale a quello che avrebbe mantenuto Lei.
L’Abitino che io porto/è sicuro mio conforto/e lo stimo mio tesoro/più d’argento, gemme ed oro.
Da voi spero, o gran Signora, /ciò che voi diceste allora/a Simone vostro amato, /dando l’Abito sacrato.
Prometteste certamente:/chi lo porta piamente, /esentarlo da ria sorte/nella vita e dopo morte.
Ed il sabato che viene/esentarlo dalle pene, /col sovrano Vostro zelo/poi condurlo là nel Cielo.
Orsù dunque, Verginella, /Madre, Sposa, tutta bella, /me infelice liberate, /d’ogni mal mi preservate.
Aiutatemi nei guai/quando afflitto sono assai, /e precisamente quando/la mia vita sta spirando.
Allor sì, datemi aita/d’impetrar l’eterna vita, /e sfuggire in tutti i modi/di Lucifero le frodi.
Fate allora che, gioendo/e con gli Angeli godendo, /canti in dolce melodia,
“Viva, viva, del Carmine Maria”. Così sia.
Il 16 luglio di ogni anno inizia la Novena alla Madonna con la preghiera davanti alle “Novene”, simbolo della devozione dei leonfortesi alla Madre celeste: si tratta di piccoli altarini realizzati con il crivello per la farina, “u crivu”, dentro il quale spicca l’immagine della Madonna del Carmelo e sullo sfondo tutta una serie di immaginette di Santi che le fanno da corona.
Da bambina ricordo i momenti dei preparativi che iniziavano con l’impastare la farina con l’acqua ed ottenere così la colla per attaccare le immaginette, per poi completare la novena con tendine di carta velina opportunamente intagliate e la collocazione di un cero da accendere la sera. L’altarino veniva posto all’esterno di una casa, dove da quel momento tutti gli abitanti del quartiere si ritrovavano alla sera, ognuno con la propria sediolina “siggitedda” per pregare e intonare canti.
E come in ogni processione che si rispetti non può mancare la statua da portare per le vie della città: dagli archivi storici che fanno riferimento a questa festa risulta che nel 1779 fu acquistato il gruppo scultoreo de “A bedda Matri” composto dalla figura della Madonna del Carmelo, dal Bambino Gesù e da san Simone Stock: con molta probabilità è la stessa che è conservata nella chiesa della Madonna e che viene esposta ai fedeli davanti al sagrato della stessa il 16 luglio per la celebrazione della festività religiosa e l’inizio del mese carmelitano.
Il fercolo, che attualmente viene portato in processione, fu commissionato all’artista ennese Michele La Greca che, nel 1869, consegnò ai leonfortesi una costruzione maestosa “A Vara”, in legno rivestita d’oro, decorata da sculture e numerose pitture ma che, dato il notevole peso (1300 kg), non può essere trasportata in spalla ma percorre le vie
principali della città dopo essere stata sormontata su un carro-motore costruito appositamente.
La Vara è custodita nella chiesa madre “a Matrici”, intitolata a san Giovanni Battista, costruita sulle rovine di una preesistente chiesetta per volontà della principessa Caterina nel 1611, moglie di Nicolò Placido Branciforti.
Sul monte Cernigliere, nel 1975, fu posta una statua votiva della Madonna a testimonianza del forte legame che
unisce i leonfortesi alla Madre celeste: dall’alto della montagna veglia su tutto il paese e ai suoi piedi è stata posta la scritta: “Si nun fussi ppi lu so mantu persi fussimu tutti quanti”.
La festa patronale di Leonforte coincide con la festività dell’Assunzione e il periodo che va dal 14 al 16 agosto è conosciuto come “U Menzaustu”: può essere considerato l’espressione massima della festività leonfortese. Il corso principale è già addobbato di luci che, con la loro caratteristica forma ad arco, rappresentano delle vere e proprie luminarie che si apprestano ad accogliere “A Matri o Carminu” con il rispetto e la devozione che tutta la popolazione esprime in questo momento di religiosità profonda.
Rosa Rosano
Nell’immagine di copertina, la statua della Madonna del Carmine in processione a Leonforte
Lascia un commento