PALERMO – Gli studenti universitari italiani non studiano più nell’Ateneo più vicino. Dati relativi all’anno accademico 2014/15, confermati dalle attuali tendenze, evidenziano che più di un quinto delle matricole ha scelto un’università in una regione diversa da quella di residenza. Ci si sposta dal Sud al Nord: il 23% degli studenti meridionali si immatricola in istituti del Centro-Nord. Così, sempre nel 2014/15, la Puglia e la Sicilia hanno “perso” oltre cinquemila studenti; Lazio, Emilia e Lombardia ne hanno “guadagnati” altrettanti.
Perché quest’elevata mobilità geografica degli universitari? Sicuramente gli Atenei del Centro-Nord vengono percepiti di maggiore ampiezza e qualità. Ma, più che la qualità dell’offerta formativa, gioca un ruolo fondamentale nella scelta degli “emigrati intellettuali” la condizione del mercato del lavoro, profondamente diversa da Sud a Nord, con conseguenti maggiori opportunità di inserimento lavorativo e più elevati livelli salariali per i neo-laureati nelle regioni settentrionali.
Rilevanti, quindi, fattori esterni alle Università, ma relativi al contesto in cui sono insediate. Ad esempio, a parità di altre condizioni, la possibilità di ricevere una borsa di studio per gli studenti idonei è oggi assai maggiore al Nord rispetto al Sud. Inoltre, la qualità della vita nelle città, con annessi servizi pubblici essenziali, offerte ricreative e culturali, è assai differente nelle due aree del paese; tali vantaggi compensano il maggior costo degli affitti nelle città centrosettentrionali.
Non ultimo, giocano un ruolo importante le possibilità di spostamento e la disponibilità di reti e servizi di trasporto efficienti: la situazione è di gran lunga migliore all’interno del Centro-Nord e per i collegamenti Nord-Sud di quanto non lo sia per gli spostamenti interni al Sud. Così uno studente siciliano, grazie anche ai voli low cost, può raggiungere facilmente un ateneo settentionale, mentre gli risulta difficile raggiungere le sedi delle università della Calabria o della Puglia.
Ad andarsene dal Sud non sono solo le matricole universitarie, ma anche i neo laureati. La professoressa Ornella Giambalvo, docente ordinario di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche all’Università di Palermo, in una recente intervista, commenta il dato stimato dall’ultimo rapporto Svimez, che ha quantificato anche in termini economici la perdita per il Meridione a causa dell’esodo continuo dei suoi laureati al Centro-Nord: “Circa quattro miliardi la perdita economica complessiva nel Sud, che diventano più di 5 miliardi nella sola Sicilia negli ultimi quindici anni, se si considera complessivamente l’impoverimento del capitale umano. La Sicilia investe infatti circa 180.000 euro a laureato per tutta la filiera formativa, a cui devono sommarsi i costi di mancati consumi che il laureato, andando via, consuma e produce al Centro-Nord. E poi ci sono tutte le perdite di risorse per il territorio, che viene impoverito perché il laureato viene istruito al Sud, ma produce innovazione e sviluppo al Nord. Il Sud diventa sempre più povero di istruzione e di qualità, di idee, di investimenti, di innovazione”.
Maria D’Asaro
Nella foto di copertina, l’Università di Palermo
Lascia un commento